giovedì 21 gennaio 2010

archi.firms


Avendo avuto la fortuna di assistere ad una conferenza tenuta da Rossella Nicolini, ingegnere strutturale presso Buro Happold di New York, vorrei cogliere l'occasione di dedicare questa compressa di architettura ad una sintetica presentazione (ammesso sia veramente necessaria, considerata la fama che vanta) al suddetto studio ingegneristico.


Buro Happold è un'azienda di consulenza ingegneristica, fondata da Sir Edmund Happold alla fine degli anni '70, dopo aver lasciato Ove Arup and Partners ed essersi trasferito a Bath per la cattedra in Progettazione Architettonica e Ingegneristica.
Attualmente l'azienda conta migliaia di specialisti nei più disparati ambiti ingegneristici, con studi dislocati pressochè in tutto il mondo, da Abu Dhabi, a Londra, New York, Mosca, e così via.

I punti chiave che caratterizzando il 'modus operandi' di Buro Happold possono essere sintetizzati in:

1. eco-innovazione
2. multidisciplinarietà ed integrazione (Integrated Project Delivery)
3. arte strutturale ed architettura
4. digitalizzazione e nuove tecnologie
5. tecniche e materiali

Dunque un approccio a tutto tondo, volto alla ricerca di soluzioni essenziali, razionali, performanti: ovvero arte strutturale attraverso l'architettura.
Significative sono due frasi che sono state menzionate nel corso della conferenza, la prima delle quali è una citazione di Ted Happold, la seconda un proverbio americano:

'Understanding the bigger picture' ovvero comprendere lo schema/idea generale

e

'The Devil is in the detail' ovvero 'Il diavolo sta nel dettaglio'

proprio per esprimere quanto sia indispensabile considerare queste due facce della medaglia per raggiungere un risultato significativo.

Molto curioso il 'decalogo' che è affisso nello studio di New York:


Credo inoltre che un progetto, sebbene probabilmente non eclatante e famoso come altri, che possa ben rappresentare Buro Happold, quello della Voussoir Cloud.



Si tratta più che di architettura vera e propria di una installazione temporanea, o, come direbbe qualcuno di architettura a volume zero, esposta presso il Southern California Institure of Architecture.
Credo possa dirsi un esempio concreto di 'structural art' (David P. Billington) e di sintonia tra i soggetti architetto ed ingegnere: il proposito infatti, come esplicita il nome stesso del progetto, è stato quello di creare una sorta di nuvola formata da volte leggiadre (contrariamente al pensiero comune che associa la parola volta al materiale massiccio lapideo) ed attraversata dalla luce.


Per realizzare quest'ambizioso proposito sono stati progettati 'petali' di legno di uno spessore variabile tra 1 e 3 millimetri, strutturati e disposti secondo l'antico concetto di catena pendente (hanging chain).


Per garantire la penetrazione della luce ci si è limitati a sottrarre alla struttura quelli che si sono rilevati, attraverso simulazioni strutturali, gli elementi 'scarichi' (e quindi trascurabili) affinchè la struttura svolgesse il suo compito.

Per concludere ci terrei a ribadire il concetto che è stato espresso durante la presentazione, e che spesso viene dimenticato, ovvero l'ingegnere come amico dell'architetto, non come nemico. E credo che i progetti di Buro Happold ne siano una dimostrazione lampante.